U2, a caval donato…

Songs of innocence, un disco che non irradia l’aura dei loro capolavori, ma è ben strutturato. I detrattori lo considerano un accessorio piegato alle logiche di mercato, per i fan invece rilancerà la band irlandese
Gli U2

Bono Vox e i suoi sodali non pubblicavano un disco d’inediti da un lustro. Ma se ci si chiama U2, ce lo si può permettere. E tuttavia la rock-band più carismatica di questi ultimi trent’anni ha deciso di stupire, mettendo a tacere sia quanti giudicavano il quartetto dublinese ormai una congrega d’imbolsiti miliardari, sia chi li pensava come un corpo ormai estraneo alla scena odierna.

E invece ecco questo Songs of innocence, un disco che non irradia l’aura dei loro capolavori, ma ben strutturato, e soprattutto offerto gratuitamente (!) a tutti i clienti della premiata ditta iTunes. E questa sì è una mossa da lasciare il segno, visto che si parla di mezzo miliardo di consumatori.

Di fatto questo cadeau lo ha offerto e pagato casa Apple che ha dato anche l’occasione al gruppo di mettersi in mostra nel corso del grande evento di lancio del nuovissimo iPhone 6. Come dire, un’operazione di marketing (e di comunicazione) senza precedenti, ma anche il presumibile incipit di una nuova forma di “mecenatismo”, in un’epoca in cui il music-business è costretto a dover completamente ripensare sé stesso; e ci dice che oggi non conta più vendere, l’importante è polarizzare attenzioni: il resto verrà di conseguenza.

In questo senso queste 11 nuove canzoni sono tutt’altro che innocenti, e dimostrano in modo inequivocabile che la produzione musicale è sempre più un accessorio subordinato a logiche di mercato ancor più stringenti di quanto non avvenisse in passato. Per i sempre più numerosi detrattori del quartetto ce n’è abbastanza per far scattare la scomunica per conclamata gadgettizzazione della musica, ma i più pragmatici concordano nel definire questo tredicesimo album un signor disco, destinato a rilanciare alla grande la carriera dei quattro irlandesi. C’è del vero in entrambe le letture, anche se mi pare evidente che la creatività artistica possa venire a patti con le leggi di mercato senza per questo genuflettervisi; allo stesso modo in cui ogni contaminazione offre opportunità che potrebbero rivelarsi pericolose derive.

Detto questo il disco risponde appieno alle logiche con le quali è stato concepito: un bel mix d’energia rock e piacioneria pop, in perfetto stile U2. Canzoni furbette, ma anche ben strutturate e ancora capaci d’irradiare certe good vibrations dei loro anni belli. Solo il futuro però potrà dire se la strada è quella giusta.

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